Bolzano, 13 ottobre 2009 Con la nomina a Tenente, il 1° ottobre 1961 venni assegnato su mia specifica richiesta alla Compagnia Genio Pionieri della B.Alp.Tridentina con sede a Varna. Il motivo di questa scelta nasceva dal fatto che un mio carissimo amico di infanzia, in quel di La Spezia, mi parlava sempre di Varna in quanto la sua mamma aveva sposato un ufficiale di marina e proveniva da questa località. Ma, come venni a sapere successivamente da ben sette anni il reparto era stato spostato a Bressanone. Ma evidentemente le notizie arrivavano con estremo ritardo allo Stato Maggiore dell'Esercito!! La prima volta che ho sentito parlare della caserma Vodice fu durante una lezione presso la Scuola del Genio della Cecchignola dove tutti gli ufficiali del genio del mio corso di Accademia erano stati inviati per un corso tecnico-applicativo. Al mio compagno di corso Luciano Manco, fratello di Tonino Manco che essendo più anziano di un anno si trovava già in quella caserma, era giunta una lettera del fratello in cui dava notizie di questa caserma dicendone un sacco di bene. Ovviamente a queste notizie mi sentii particolarmente sollevato e mi accinsi di buon grado ad affrontare tale esperienza che avrebbe avuto inizio il 2 gennaio 1962 al termine del corso di Roma e delle vacanze di Natale e Capodanno. La partenza da La Spezia avvenne la mattina alle 08.00 (era un treno diretto da Genova e non bisognava cambiare a Parma) con un tempo splendido: il giorno prima avevo passeggiato lungo il mare con i miei amici di allora e nelle verdi aiuole erano in fiore le margherite. Il treno era diretto a Bologna e qui avrei dovuto cambiare per Bressanone sulla linea del Brennero. Non si arrivava mai. Quando poi il convoglio aveva iniziato il suo percorso nella stretta valle dell'Adige, un senso di oppressione mi colpiva alla gola e guardando fuori dal finestrino cercavo di vedere qualche segno di vita. Ma a causa dell'incipiente oscurità e del fatto che allora i paesi erano più piccoli e scarsamente illuminati non si riusciva scorgere nulla. A tutto quanto sopra descritto si aggiungeva il fatto che nelle vetture faceva un freddo incredibile e che nei campi percorsi dal treno vi era uno strano biancore che solo a Bolzano riuscii a definire: era neve!!! e quanta!! Alla stazione di Bolzano vi fu una lunga sosta per aggiungere un locomotore ( nelle salite verso il Brennero una sola locomotiva avrebbe fatto fatica a procedere), cambiare le batterie delle carrozze viaggiatori per dare un po' di caldo ai lividi passeggeri. Ansimando e stridendo il treno si avvia al Nord: ma dove stiamo andando? Possibile che non si arrivi ancora? Queste ed altre domande meno innocenti mi rivolgevo. Forse avevo sbagliato a scegliere un luogo così lontano dalla mia casa e dai miei affetti: ero stato forse veramente incosciente!! Purtroppo la cosa non era finita lì! Sentite moh! Quello che avvenne in seguito. Come Dio volle finalmente si giunse alla tetra e lugubre stazione di Bressanone. Avevo un paio di valigie, Il resto delle uniformi era stato spedito da mio padre con un grosso baule verde di metallo con borchie e cerniere in ottone lucido (si trova ancora nella mia cantina a Bolzano e conserva le mie uniformi più significative, da quella dell'Accademia a quella di Generale indossata prima di andare in pensione). Con i classici scarpini da città con suola in cuoio, con un elegante vestito, cravatta e cappotto grigio di cui ero particolarmente orgoglioso, mi avvio all'esterno della stazione e prendo la discesa verso il centro città: per prima cosa dovevo trovare una sistemazione per la notte, successivamente avrei preso una soluzione più razionale. Il Viale Stazione (così poi ho saputo che si chiamava) era buio e sui marciapiedi non era possibile transitare per i mucchi di neve che ingombravano il passaggio. Facendo piccoli passettini per non scivolare giunsi finalmente alla fine del viale. A destra vi era allora, successivamente fu demolito, un albergo gasthof Centrale Zentral. Con fare circospetto mi avvicino per vedere che tipo di posto era e senza pensarci oltre entro deciso. Mi ritrovo in un ambiente fumoso e saturo di vapori di alcool e sudore con una commistione di profumo di stalla. Un omone grande e grosso con un paio di baffi a manubrio e grembiulone blu, mi viene incontro e malgrado il suo aspetto burbero mi si rivolge in modo gentile. Chiedo una stanza per la notte e mi chiede se la voglio con o senza camino. Poiché avevo freddo optai per la stanza con il camino anche perchè, come seppi dopo,le altre non avevano proprio il riscaldamento!! Sistemato, si fa per dire, la questione notte, adesso dovevo mettermi in cerca della caserma per dare un occhiata dall'esterno e per ridurre al massimo i tempi per la presentazione del giorno dopo (dopo seppi che questa mia scelta aveva di fatto tolto la possibilità di organizzare un degno scherzo al giovane ufficiale giunto). La prima tappa di questo mio vagare serale fu la caserma D'Angelo ( poi caserma Reatto) sede del Battaglione alpini Bolzano. Qui non seppero darmi nessuna indicazione neanche l'ufficiale di picchetto. Mi mandarono allora alla caserma Schenoni e qui mi dettero la giusta indicazione. Ormai ero davvero stanco ed avevo voglia di mettere qualcosa sotto i denti. Ma era necessario procedere ed attraversando la città immersa nella neve e nel buio giunsi al bivio della nazionale in corrispondenza dell'Albergo Tourist, con la via Dante verso l'Ospedale: era questa l'indicazione che avevo ricevuto da un ufficiale della Compagnia Trasmissioni che faceva servizio alla Schenoni. Imboccai la via Dante e sotto un fioco lampione vi erano due sottufficiali che chiacchieravano. Mi avvicinai ad essi e chiesi la sede della caserma che mi fu indicata con una certa curiosità nello sguardo- Seppi il giorno che si trattavano dei due pilastri della Compagnia:Cossu con l'incarico della gestione degli automezzi e Bucci furiere, addetto alla mensa truppa ed allo spaccio. I due non mi dissero niente e non mi chiesero neanche chi fossi, così mi incamminai verso il posto indicato. Da lontano intravidi una garitta con davanti un militare di guardia con un fucile imbracciato. Sapevo che non avrei dovuto rivolgere la parola alla guardia ma guardandomi intorno non vidi nessuno ed allora, contro le mie convinzioni e lasciando da parte gli insegnamenti ricevuti, mi rivolsi al militare e chiesi se quella era la sede della Compagnia Genio. Il militare mi fa cenno di sì e volle sapere chi fossi. Glielo dissi ed allora, lasciandomi letteralmente esterrefatto, girò il fucile( era la Winchester!) verso la pedana, con un colpo energico lo piantò con la baionetta sul legno e senza dire una parola corse verso l'interno della caserma. Allora l'ingresso era su via Dante nei pressi dell'officina automezzi, quindi bisognava procedere lungo la strada adiacente al capannone e poi raggiungere il cortile e l'ingresso della palazzina. Non sapevo cosa fare, mi domandavo sgomento:dove sono capitato?, si provi a pensare cosa mi fosse passato per la testa in quei momenti:un fresco e giovane ufficiale ( avevo appena compiuti 23 anni!) proveniente dall'Accademia Militare imbottito di regolamenti e comportamenti formali fino all'eccesso a cui vengono sovvertiti in pochi minuti tutte le sue convinzioni. Dopo pochi minuti arriva un caporale che mi chiede con chi volessi parlare perchè era tardi e non c'era nessuno se non l'ufficiale di servizio. Dissi che che volevo solo dare un'occhiata in quanto mi sarei presentato il giorno dopo, ad ogni modo avrei parlato volentieri anche con l'ufficiale di servizio. Mi fece cenno di seguirlo e così misi piede alla Vodice, tra cumuli di neve malamente accantonata lungo la rete, con due fioche lampadine ali angoli del capannone che non davano per niente luce, al seguito di un caporal maggiore della 92^ compagnia del btg.Bolzano che prestava servizio anche in quell'immobile. L'ufficiale di servizio era il s.ten. Ceriani dei pionieri( un comasco piuttosto squilibrato!) il quale con il suo motorino faceva rumorosi e continui tentativi di salire la prima rampa di scale prendendo la rincorsa dal cortile in prossimità del posto dove successivamente ci sarebbe stato il cippo con il palo della bandiera. Lungo la traiettoria dove il motorino avrebbe dovuto passare si era formato un corridoio di militari vocianti,urlanti ed alterati dall'ingestione di parecchi bicchieri di vino. Ognuno di loro aveva legato alla spallina un pezzo di spago un bicchiere forato nella parte superiore per evitare di perderlo, riempirlo di frequente senza cambiarlo ogni volta. A questo punto la misura per me era arrivata veramente al culmine: ero pervaso da un senso di rabbia, delusione, frustrazione e disgusto. Me ne andai a cercare un posto per mangiare. Lo trovai sotto i portici: era la vecchia bettola di Fink il macellaio archeologo il cui figlio Helmut realizzò quello che divenne uno dei ristoranti più rinomati in Italia tale da meritarsi l'onore di ricevere nelle sue sale anche il Presidente della Repubblica Pertini. Quello che avvenne il giorno dopo e negli anni a venire fanno parte di tutt'altra storia. Mai avrei pensato di scrivere queste righe a distanza di 48 anni e sentire nostalgia per quella caserma che successivamente divenne la più accogliente e bella caserma di tutta la Tridentina e questo fu merito del lavoro di tantissimi pionieri che con amore e con passione riuscirono a raggiungere quell'ambito traguardo senza, peraltro lasciare da parte tutti gli altri impegni che via via venivano loro assegnati. Renato Pagano Torna alla pagina dei racconti |